Venditore di fave paesane

Quando arrivava Pasquetta, per il picnic lungo le strade le auto si fermavano a comprare le fave e poi le famiglie sgusciavano i semi per mangiarli crudi e freschi, proprio come i lupini o i semi di zucca.

Un passatempo saporito e molto più genuino delle patatine fritte o delle caramelle che spacciano gli autogrill oggi.

Oggi, mentre sgusciavo le fave me ne mangiavo una ogni tot di baccelli. Lo facevo di nascosto, non perché non potessi farlo, ma perché così erano molto più saporite.

Il sapore era quello dei ricordi, come quando da bambino mi facevano salire sull’albero di ciliegie della nonna per riempire il cestino da portare in tavola per mangiarle tutti insieme. Allora come oggi ne mettevo in bocca una ogni tanto di nascosto, perché quando mi beccavano, i miei genitori mi riprendevano ricordandomi che non ero salito per mangiarmele ma per raccoglierle.

Si tratta di ricordi e riscoperte tutt’altro che cool o per gli Afterhours che i coolboys difficilmente conoscono e per loro in genere la fava, in senso compiuto o lato, non ha un gusto così attraente: è “roba da #sfigati”.