La rilettura del concetto di pornografia operato da George Bataille, Bukowski e altri, ben lontano dal business creato negli Stati Uniti degli anni ’80, considera l’erotismo un prodotto fasullo del romanticismo che edulcora quella che è invece la ricerca istintuale caratteristica della natura umana e la cui sublimazione è ben lontana dall’interpretazione che ne dà Freud, tutta a favore della civilizzazione borghese.

Siamo vicini alla lettura spirituale, al tantrismo, allo scavare nei reconditi della carne, perché solo impadronendosi delle passioni e degli orrori tipici della nostra natura del “mondo di mezzo” come lo chiamerebbe Tolkien fra Nani e Elfi, solo così, non solo si sublima, ma si trascende mirando alla quintessenza dell’individuo, al pianeta-feto che chiude “2001: Odissea nello Spazio” di Kubrick (qui oggi siamo alla lotta per uccidere l’intelligenza artificiale prima di affrontare la grande solitudine).

Immagine del “Bambino delle stelle”, un feto in utero che attinge al lavoro di Lennart Nilsson.

Ecco quindi qualcosa di interessante che ho tratto dalla rete:


“L’oscenità è un concetto morale che appartiene all’arsenale verbale dell’establishment”.

Establishment, termine usato da Herbert Marcuse (in “Eros e civiltà”, Einaudi) in tono polemico, per indicare le forze, i valori, il potere del sistema dominante, della classe egemone.
Nella visione critica del filosofo e sociologo tedesco, la rivoluzione culturale che s’innescava nel periodo delle sue lezioni universitarie (Marcuse è considerato tra i fautori dei movimenti studenteschi del ’68) doveva promuovere un’emancipazione estetica da porsi fra le priorità per la trasformazione della società e della natura; questa nuova sensibilità emancipata includeva lo sviluppo di una “cultura sensuale” del tutto nuova, che avrebbe annientato la repressione imposte dalle esigenze della società della classe dominante, ossia quella capitalista.
Insomma, un rifiuto della cultura borghese nella sua totalità, che rappresentava una rottura con i costumi sociali consuetudinari della classe dominante, ma non solo; una cultura che aveva inciso in vari ambiti culturali della società: la moda, la scienza, la filosofia, l’arte, la letteratura e la musica…
Dello stesso avviso il filosofo francese Foucault, secondo il quale la cultura dominante borghese avrebbe represso l’istintualità umana (la sessualità), impiegando le energie istintuali in funzione delle istanze di produzione e riproduzione del sistema capitalistico; istintualità precedentemente indirizzata alla ricerca del piacere estetico-sensuale, che viene rimosso dalle dinamiche dei rapporti umani per essere confinato nella dimensione individuale e privata: “la forza del principio di piacere sopravvive nell’inconscio come una forza repressa che ritorna nella storia: la sua storia oscura e sotterranea costituisce il segreto dell’individuo così come della civiltà, un segreto represso dall’uomo attraverso la costruzione della stessa civiltà a cui gli individui partecipano introiettando le imposizioni e autoreprimendo la libertà delle pulsioni istintuali.”
Per Marcuse in ogni fase dell’organizzazione storico-sociale della realtà, le istituzioni sociali influiscono sulla struttura psichica come organizzazione esterna repressiva degli istinti. Il principio di realtà si veste così di forme storiche attraversando gli spazi e le coscienze della società civile e attestando la sua inconciliabilità col principio di piacere: in questo modo Marcuse avvallava Freud quando riconosceva “il fatto storico che la civiltà è progredita nella forma di dominio organizzato.”
“Su questa base Marcuse concepisce il concetto di repressione addizionale sostenuta dal principio di prestazione: il principio di realtà si impone come forza di autoconservazione del mondo comune civile e, perciò, assume la forma del dominio che organizza e mantiene le restrizioni necessarie al potere sociale per autoconservarsi e perpetuarsi. La lotta per l’esistenza ha, perciò, un preciso carattere repressivo: la repressione serve al consolidamento dei limiti e delle rinunce, e all’accettazione solidale e tollerante dell’adattamento che le forme storiche della società richiedono agli individui per poter accedere alla soddisfazione dei soli bisogni indotti.”

gfa

il virgolettato è tratto da “Critica della società repressiva”, di Herbert Marcuse, a cura di Leonardo Distaso, Mimesis Edizioni.

Dipinto di Lucian Freud: abbandonati, nudi su letti, indifesi e senza voglia di difendersi, i modelli di Freud splendidamente dipinti nelle loro umanità corrotta delle carni, si mostrano senza vergogna nelle loro intimità violate, i pubi in vista privi di forza sessuale, sia uomini che donne, in ambienti angusti, mostrando le loro imperfezioni come un vanto che contribuiscono a renderli immagini perfette.

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